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I guerrieri di bronzo da Argo a Riace

I guerrieri di bronzo da Argo a Riace - Il culto a Cosma e Damiano – Il seppellimento in mare – La riscoperta

 

I guerrieri di bronzo da Argo a Riace - Il culto a Cosma e Damiano – Il seppellimento in mare – La riscoperta

Il recente intervento del Professore Giuseppe Roma,  sul sempre affascinante tema dei "Bronzi di Riace" , sulla loro nascita, sul loro rapporto con Riace e con il culto praticato in quel centro ai santi Cosma e Damiano, ha dimostrato che gli sforzi da più parti compiuti, per svelare i misteri che circondano queste eccezionali statue, stanno portando a risultati largamente positivi.

Il luogo di nascita
La terra di fusione estratta dalle due opere durante il restauro del 1979, e le consequenziali ricerche sulla sua provenienza, ha consentito di identificare, sembra in maniera definitiva, l’area nella quale esse furono realizzate: la città peloponnesiaca di Argo. 
Ora, si dà il caso che lo scrittore greco Pausania,  nel secondo libro della sua Periegesi della Grecia, redatta tra il 160 e il 177 d. C., affermi di aver visto proprio nell’agorà di Argo una struttura monumentale, innalzata a ricordo del mitico Polinice e dei sei guerrieri argivi, con i quali egli aveva cercato invano di conquistare Tebe una generazione prima della guerra di Troia, nonché dei loro rispettivi figli – gli ‘epìgoni’ – che invece, dieci anni dopo, riuscirono nell’impresa, riscattando così la morte dei padri. Essa comprendeva quattordici statue, disposte a semicerchio, ricostruita idealmente dal prof. Paolo Moreno sulla base della raffigurazione proprio di quel monumento, presente su un vaso greco del V secolo a.C., scoperto nella necropoli di Spina.
Non è conosciuta la materia di cui le statue di Argo erano fatte; ma, per motivi che sarebbe qui troppo lungo esporre, sono portato a pensare che le rappresentazioni statuarie dei sette guerrieri e dei loro sette figli fossero: le prime in bronzo e le seconde in marmo; ed esposte in maniera alternata: un padre in bronzo e suo figlio in marmo.
Non va dimenticato che Argo, nel V secolo, cioè nel periodo di suo massimo splendore, fu centro artistico assai importante, specialmente per la plastica in bronzo e in pietra.

Il luogo del ritrovamento
Sempre il professore Roma, sulla base dei rilievi sottomarini condotti dal compianto prof. Nino Lamboglia nel 1973, valuta che le due statue non siano state ‘gettate’ fra gli scogli di Porticello di Riace ma accuratamente ‘posate’, quasi per conservarle per un momento successivo. E dice bene. Perché qui ritorna, con stupefacente concordanza ai fatti, il culto a Cosma e Damiano, i due fratelli medici arabi, intensamente praticato, com’è ben noto, proprio a Riace. La tradizione riacese, infatti, narra che un certo giorno, che potrebbe essere collocato verso l’anno 1100, epoca in cui il culto è documentalmente attestato, due uomini ‘uscirono’ dal mare di Porticello. Essi dichiararono, al pastorello che aveva assistito sbigottito alla scena, di essere, appunto, i santi Cosma e Damiano, e di volere eretta una chiesa per loro. Quando gli abitanti del villaggio ‘bizantino’ di Riace, avvertiti dell’evento mirabile, arrivarono sulla spiaggia, non trovarono più i due uomini, ma due statue. Interpretando nel modo più consono il messaggio riferito dal pastorello, costruirono subito una chiesa, e vi sistemarono le statue. Però, i vicini abitanti di Stignano – villaggio, questo, di romano-imperiale memoria – avanzarono forti pretese sulla definitiva sistemazione delle raffigurazioni dei ‘Santi’, e la diatriba fu spinta fino allo scontro sanguinoso. Sempre la tradizione riacese continua dicendo che, essendosi giunti a tanto, nottetempo, le due statue, misteriosamente, sparirono.
L’interpretazione più ovvia di questo passaggio è che le due statue furono restituite al mare. Ma, seguendo l’acuta osservazione del prof. Roma, esse non furono ‘buttate’, bensì ‘deposte’ nel luogo dove, nove secoli più tardi, Mariottini le avrebbe ritrovate.
Qui arrivati, va ricordato un particolare dell’agiografia di Cosma  – o, come preferiscono chiamarlo i Riacesi, "Cosimo" – e Damiano. Essi sono definiti, dal culto ufficiale, anche ‘anargiri’ cioè ‘senza argento’, perché rifiutavano qualunque ricompensa per le loro miracolose prestazioni sanitarie. Accadde, però, racconta la loro biografia, che, un certo giorno, Damiano accettò, da una povera donna che Egli aveva guarito dei suoi mali, un dono. La cosa non fu affatto gradita da Cosma che, sdegnato con il fratello, chiese ai suoi discepoli che Damiano non fosse mai seppellito accanto a lui. Sopravvenuto il martirio per decollazione, i fedeli, nell’accingersi a dare ai due corpi pietosa sepoltura, ricordando le parole di Cosma, cercavano per Damiano un posto diverso in cui tumularlo. A quel punto, però, avvenne un fatto eclatante: uno dei cammelli che erano stati impiegati per trasportare le sacre spoglie, parlò, e raccontò che in effetti Damiano non aveva infranto l’impegno, ma aveva solo accettato il piccolo regalo che la donna gli aveva offerto, per non umiliarla. Avvenne così che i due fratelli ebbero sepoltura contigua.
Può ipotizzarsi che questo passo della tradizione cultuale sia stato tenuto presente anche dai Riacesi del XII secolo, quando, resisi conto che non le potevano conservare nella chiesa che avevano costruito per loro, ‘deposero’ proprio una accanto all’altra, supine, le due statue, fra gli scogli, immaginati a difesa? Riacesi, che poi, con lo scorrere dei secoli, non hanno più ricordato il vero motivo per il quale, a maggio, si va con le reliquie dei Santi in quello specifico tratto della costa. Riacesi che, per novecento anni, non hanno immaginato che, sotto la chiglia della barca che portava le reliquie in quel breve specchio d’acqua, c’erano le due statue. Riacesi che hanno sempre saputo, però, che quello era il punto giusto nel quale cercare il mistico rapporto con i loro Santi Patroni.

Il ritrovamento
Se tutto quanto precede trova credito, cadono allora anche le diatribe sull’effettiva ‘consistenza’  del ritrovamento.
Che cosa, effettivamente, si trovò in quei giorni di agosto di trentacinque anni fa, nel fondale di  Porticello di Riace? Varie sono le storie messe in piedi sulla scoperta ‘moderna’ dei Bronzi.
Si è parlato di più statue, più o meno complete di accessori vari; di vendite eccezionali; e così via dicendo. Sulla base di queste esternazioni, potremmo immaginare – ma solo per un momentino! – uno scenario come questo: nel mare di Riace arriva Mariottini, che ‘pesca’ una folla di antichissime statue di bronzo. Si mette subito in contatto con miliardari americani fortuitamente – o intenzionalmente? – intenti a scorazzare al largo, a bordo di lussuosi panfili, e con essi contratta la fornitura di bronzei accessori o addirittura di uno e forse due Guerrieri. Questi reperti vengono imbracati e sollevati nottetempo, alla luce di modeste torce, per evitare troppe luci traditrici, e portati via di peso, senza che nessuno se ne accorga. Quanto alle altre due statue, che vengono generosamente lasciate per la gioia del popolino, siccome sono, ancora, preziosamente adornate di elmi, lance e scudi, che fanno gola agli stessi miliardari americani, sempre nottetempo, abili sommozzatori esperti in asportazioni di parti di statue bronzee, scendono sott’acqua e, con la fiamma ossidrica o con sottilissimi seghetti, tolgono tutto quello che c’è in più, lasciando le statue ‘nude’. La loro abilità è veramente eccezionale, perchè riescono, in condizioni operative certamente non ideali, a fare in modo che della loro truffaldina operazione non rimanga la benché minima – anzi ‘minimissima’ – traccia! Tanto che, fino ad oggi, la manomissione non è stata rilevata da nessuno, nonostante i ricercati controlli d’ogni ordine e tipo, ripetuti nel tempo, eseguiti su A e B...
Poiché è veramente impossibile credere che tutto questo sia effettivamente accaduto, io preferisco raccordarmi agli elementi fin qui raccolti.
Secondo tali elementi, si può ritenere che i due bronzi, fusi ad Argo ed inclusi nel monumento degli eroi argivi esaltati dal mito di Tebe, e solo essi così come oggi li vediamo, finirono in acqua davanti Riace, dove una forte mareggiata, nel XII secolo, li gettò sulla spiaggia. Quando ciò avvenne, furono scambiati per le sacre immagini di Cosma e Damiano, e, per un certo periodo di tempo, furono fatti oggetto di culto cristiano. Impedita la prosecuzione di tale culto, furono rimessi con ogni cura nello stesso specchio di mare dal quale erano usciti. Ed in esso saranno ritrovati dopo novecento anni.
Ma altri misteri circondano ancora i nostri baldi Guerrieri; soprattutto: quando e perchè finirono nelle acque dello Jonio? Nessuno è ancora in grado di dirlo con certezza.

Forse anche per questo il fascino dei Bronzi di Riace non conosce fine!

Francesco Arillotta

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