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Pinacoteca Civica - Giovanni Brancaccio (1903-1975) Pomeriggio di Studi a cura di Isabella Valente

Piancoteca Civica Sala conferenze - Sabato 04 aprile 2009 - Ore 17:30

 
Pinacoteca Civica - Pomeriggio di Studi: Giovanni Brancaccio (1903-1975) a cura di Isabella Valente

Sabato 04 aprile 2009 - Piancoteca Civica Sala conferenze - Ore 17:30

Pomeriggio di studi a cura di Isabella Valente

Giovanni Brancaccio (1903-1975)


Saluti
On. Dott. Giuseppe Scopelliti
Sindaco della Città di Reggio Calabria

On. Dott.ssa Antonella Freno
Assessore ai Beni Culturali e Grandi Eventi Città di Reggio Calabria


Programma
Apertura lavori
Prof.ssa Giovanna Brigandì
Direttrice Pinacoteca Civica di Reggio Calabria
" Giovanni Brancaccio a confronto con Leonardo da Vinci: analogie fra la Figura con maschera e La Gioconda "

Interventi
Prof.ssa Isabella Valente
Docente di Storia dell’Arte Contemporanea Università degli Studi di Napoli "Federico II"
“ 'Un antico uomo flegreo' : Giovanni Brancaccio tra recupero archeologico e 'Novecento' "

Prof.Tonino Sicoli
Direttore del Museo d’Arte dell’Ottocento e Novecento di Rende (CS)
" Giovanni Brancaccio nell’arte italiana del Novecento "

Linea Tratteggiata
Testo critico della Prof. Isabella Valente

Giovanni Brancaccio


(Pozzuoli/NA 12 febbraio 1903 – Napoli 12 febbraio 1975) è stato uno dei maggiori artisti del Novecento napoletano e italiano. Pittore, scultore e grafico, si forma inizialmente a Pozzuoli, suo luogo natio, frequentando il paesaggista Leon Giuseppe Buono, e poi con Francesco Galante, suo maestro all’Istituto d’Arte di Napoli, dove si diploma nel 1923. Ma è soprattutto il Museo Nazionale il luogo dove avviene la vera formazione, attraverso la copia dei dipinti antichi, come si avverte nel Ritratto di mio padre del 1927. La riflessione sull’antico lo porta dunque ad impadronirsi di ogni più piccolo segreto della tecnica dei maestri del passato, compreso quella dello spagnolo Vélasquez, del quale ama particolarmente la pennellata. L’impronta che più marcatamente emerge osservando la sua pittura è quella proveniente dal gruppo del “Novecento”, anche se , andando quest’ultimo verso lo scioglimento, il "novecentismo" che si riscontra nella produzione di Brancaccio, così come accade nella maggior parte degli artisti del panorama partenopeo contemporaneo, è da considerare più come un orientamento stilistico che sopravvive al gruppo stesso e che durerà fino alle porte
del secondo conflitto mondiale. Quel generale rappel à l’ordre, promulgato dal francese Waldemar George, che organizzò, peraltro, una sala alla Biennale di Venezia del 1930, dove Brancaccio faceva il suo esordio col dipinto La madre, veniva recepito sia dal nostro artista sia dagli altri pittori napoletani come un adeguamento ad alcuni caratteri che sono alla base in quegli anni di una tendenza nazionale, che, purtroppo, diverrà sinonimo di caratterizzazione
fascista delle arti figurative: immobilità delle figure, forme tornite come statue mute, fissità dei colori e della luce , semplificazione formale e luministica, oltre ad un’accentuazione della resa prospettica e dei valori della composizione. Nel caso di Brancaccio, però,questi caratteri troveranno una mediazione con un senso di arcaico e di antico che lo farà apprezzare particolarmente dal mercato e dal collezionismo coevo. Sempre ammirato dalla critica, partecipa costantemente alle Biennali veneziane degli anni Trenta,occasioni espositive di prima importanza.Qui,nel 1938, ottiene un grande successo esponendo ben sedici opere, fra le quali Giubbetto rosa, oggi alla Galleria d’Arte Moderna di Firenze, e L’abito antico del Museo Civico di Torino. Alla compostezza classica che connota tanta parte della produzione di Brancaccio, si affianca una riflessione sugli affreschi pompeiani dei quali l’artista riesce finanche a
comprendere le tecniche e a riprodurle . Usa infatti spesso l’encausto - pittura a base di cera destinata nell’antichità soprattutto alle pitture parietali - anche per dipinti da cavalletto. La sua attenzione cade poi su maestri da poco scomparsi dalla scena, come Cézanne; la pittura dell'artista francese influenza, ad esempio, la serie delle sue bagnanti. Dopo la seconda guerra, il tenore naturalistico della pittura di Brancaccio muta verso un espressionismo dalle forme inquietanti, la cui opera maggiore è rappresentata dalle Streghe del 1945. Brancaccio è stato un artista impegnato anche in imprese decorative e pitture murali per grandi commissioni pubbliche: si ricordano i due grandi affreschi eseguiti nel Salone dell'Impero, il cosidetto Cubo d'Oro, uno dei padiglioni della Mostra d'Oltremare di Napoli. L'interesse per l'antico lo conduce ancora verso la scultura. Tra la sua produzione scultorea, che sicuramente risente dell'eco dei reperti di Ercolano e Pompei visti e studiati nel Museo Archeologica napoletano, ma, allo stesso tempo, anche del primitivismo che interessava gli artisti europei del Primo Novecento (come Picasso), ricordiamo le maschere o i monumenti nudi arcaici.
Nello stesso giorno in cui compiva i settentatrè anni, Giovanni Brancaccio muore, lasciando un patrimonio culturale enorme che è insieme testimonianza del gusto e delle scelte du un'epoca e prova tangibile dell'affermazione dell'artista in ambito nazionale. Di Brancaccio la Pinacoteca Civica di Reggio Calabria possiede un'opera straordinaria "Figura con maschera" del 1946.

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Pinacoteca Civica - Giovanni Brancaccio (1903-1975) Pomeriggio di Studi a cura di Isabella Valente