Venerdì 04, Sabato 05 e Domenica 06 Aprile 2008 - Teatro Comunale "F.Cilea" - Ore 21:00
"Le voci di dentro" - Tarantella in tre atti di Eduardo De Filippo
Compagnia Teatro
Luca De Filippo
Regia
Francesco Rosi
Con
Luca De Filippo, Gigi Savoia, Antonella Morea, Marco Manchisi, Carolina Rosi
Scene
Enrico Job
Costumi
Enrico Job e Cristiana Lafayette
Luci
Stefano Stacchini
Produzione
TEATRO DI ROMA ed ELLEDIEFFE
Con la messa in scena di
"Le voci di dentro"
dopo
"Napoli Milionaria!"
desidero proseguire, insieme a Francesco Rosi, il discorso teatrale sulla drammaturgia di Eduardo. Le due commedie, scritte a pochi anni di distanza ("Napoli Milionaria!" nel 1945 e "Le voci di dentro" nel 1948), segnano infatti il momento di passaggio da un Eduardo in cui è ancora viva la speranza nei grandi cambiamenti e nel recupero dei valori fondamentali, dopo il terribile dramma della guerra, ad un Eduardo in cui la disillusione ed il pessimismo prevalgono in misura crescente. È il momento in cui Eduardo passa dalla riflessione sulla società allapprofondimento dei rapporti allinterno della famiglia, sempre più espressione di ipocrisia, tornaconto personale, cinismo e sempre meno di quei grandi ideali quali la fraternità, la solidarietà, la pietà, che avrebbero dovuto segnare il rinnovamento sociale ed individuale.
Le voci di dentro, nel filone del fantastico eduardiano con lambiguo rapporto sogno-realtà, esprime profondamente gli umori del tempo, di un Paese scosso nel suo sistema di valori e poco fiducioso in una autentica rinascita, come se gli orrori della guerra, ancorché finita, avessero contaminato la coscienza delle persone, come se una sottile corruzione morale fosse penetrata in profondità, pur coperta da unapparente moralità, riportando a quella connivenza e alle responsabilità individuali e collettive che avevano rese possibili le tragedie ancora così vicine. Il titolo è emblematico e come tale è entrato nel linguaggio quotidiano: le voci di dentro non corrispondono più alle voci di fuori, e a forza di reticenze, sospetti reciproci e ipocrisie si può arrivare a estremi impensabili, alla negazione della comunicazione e della stima reciproca, rivelando zone insospettabili di una umanità come sperduta.
(Luca De Filippo)
Luca De Filippo Una sera dellanno scorso, in attesa dellinizio di uno spettacolo, il critico Aggeo Savioli, che aveva apprezzato la mia regia di Napoli Milionaria!, mi si rivolge per chiedermi: «Ma perché non metti in scena Le voci di dentro?». Io ero seduto assieme a Luca De Filippo e a mia figlia Carolina. Gli risposi, più che sorpreso, sbalordito, come per un segno di premonizione magica: «Ma è proprio quello che abbiamo deciso di fare con Luca per la prossima stagione». Lo spettacolo lo faremo e spero che ad Aggeo Savioli piacerà. Questa commedia, scritta e rappresentata per la prima volta nel 1948, chiude il ciclo delle opere dellimmediato dopoguerra. Eduardo stesso la collocava a chiusura di un discorso unico e coerente, aperto da Napoli Milionaria! e continuato con "Filumena Marturano", "Questi fantasmi" e "Le bugie con le gambe lunghe". «Secondo me - dice Eduardo a Vito Pandolfi in unintervista del 56 - non si è entrati nello spirito, si sono fermati al fatto della commedia. È sfuggito quello che era il mio proposito. I tre figli di Filumena Marturano rappresentano le tre forze dellItalia: loperaio, il commerciante, lo scrittore... I figli sono quelli che si tengono nelle braccia quando sono piccoli... Ma quando sono grandi, quando sono diventati uomini, o sono figli tutti quanti o sono nemici... Pensavo con quella commedia di aver messo in evidenza questa situazione ai governanti, pensavo che avrebbero preso dei provvedimenti. Poi scrissi "Questi fantasmi", poi "Le bugie con le gambe lunghe", ma le cose rimasero stazionarie e allora ho scritto "Le voci di dentro", dove il personaggio non parla più perché è inutile parlare quando nessuno ascolta». La commedia ebbe molto successo, la gente, anche se spiazzata da tanta anticipazione, riuscì a cogliere il lato amaro di quello che Eduardo aveva voluto dire: la famiglia come luogo di gelosia, di rancori, di odi nascosti.
(Francesco Rosi)
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