Al romanzo "
I Malavoglia" di Giovanni Verga
, maestro riconosciuto del verismo italiano, lAssociazione Culturale Anassilaos dedica lInvito alla Lettura che si terrà venerdì 14 marzo 2008 alle ore 21:00 presso lo Spazio Cultura di via Rosselli con lintervento della Prof.ssa Francesca Silipo.
Giovanni Verga
Nato a Catania il 2 settembre del 1840, nella città etnea lo scrittore visse fino al 1865 formandosi alla scuola di Antonino Abbate che trasmise al giovane Verga sia un gusto letterario romantico che una adesione agli ideali dellItalia unita. A soli quindici anni Verga scrisse il suo primo romanzo "Amore e patria" rimasto inedito. Nel 1862 pubblicò a sue spese il romanzo "I carbonari della montagna" e nel 1863, a puntate, sulla rivista "La nuova Europa" apparve il suo terzo romanzo, "Sulle lagune", che narra dellamore tra un ufficiale austriaco e una giovane veneziana. La svolta nella sua vita avviene nel 1865. In quell'anno lascia Catania e si trasferisce a Firenze, allora capitale del Regno dove conosce scrittori e poeti (Francesco Dall'Ongaro, Giovanni Prati e Aleardo Aleardi). A Firenze nel 1866 pubblica "Una peccatrice", romanzo autobiografico e nel 1871 il romanzo Storia di una capinera, che incontra un grande ed enorme successo di pubblico. In esso lautore narra la storia di una donna costretta a farsi monaca. Nel 1872 si trasferisce a Milano dove entra in contatto con il movimento letterario ed artistico più ribelle e innovativo della cultura italiana del tempo, la Scapigliatura. Frequenta Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa e Salvatore Farina. A Milano termina il romanzo "Eva" storia di un giovane artista che rinuncia ai propri ideali per amore di una ballerina. Ad esso fanno seguito Eros e Tigre reale dove viene analizzato il traviamento di un giovane che si è innamorato di una donna "fatale". Era il momento in cui lopera di Emile Zola veniva conosciuta in Italia. I due romanzi furono dunque considerati come esempio di "realismo" e di analisi coraggiosa delle piaghe psicologiche e sociali dellItalia del tempo. Lo scrittore però è scontento. Sta attraversando un momento di crisi personale e artistica. E scontento, con ogni probabilità, della vita futile condotta fino a quel momento ma soprattutto è scontento della sua scrittura e dei temi affrontati. Nel 1874 aveva pubblicato un bozzetto siciliano e rusticano, il raccondo Nedda, storia di una contadina la cui vita e i cui travagli sono ben lontani dallesistenza piccolo-borghese fatta di amori e amorazzi. Quattro anni dopo viene pubblicato il racconto Rosso Malpelo tutto incentrato sulla tragica esperienza di un giovane in miniera. Nasce con questo racconto il Verismo e soprattutto Verga mette in pratica il principio dell'impersonalità. Lo scrittore osserva, racconta ma non partecipa alle vicende che narra. Tra il 1879 e il 1880 pubblica numerosi racconti (Cavalleria rusticana, La lupa, Jeli il pastore, Fantasticheria), che verranno raccolti nel 1880 in un unico volume dal titolo "Vita dei campi". Nel 1883 uscirà la seconda raccolta nel volume Novelle rusticane. E intanto progetta quel Ciclo dei Vinti che non completerà. Il primo romanzo del ciclo è "I Malavoglia" del 1881 dove si narrano le vicende di una famiglia di pescatori che le difficoltà economiche dell'Italia post-unitaria portano a compiere una speculazione commerciale che segnerà l'inizio di una serie interminabile di sventure. Nel 1889 esce il secondo romanzo del ciclo dei vinti, "Mastro Don Gesualdo", storia dell'ascesa sociale di un muratore che accumula grandi ricchezze, ma va incontro ad un tragico fallimento nella sfera degli affetti familiari. Negli otto anni tra i due romanzi lo scrittore pubblica anche altre opere: il romanzo "Il marito di Elena" (1882), le novelle "Per le vie" (1883) e si cimenta nel teatro con il dramma "La cavalleria rusticana". Lavora a più riprese al terzo romanzo del Ciclo, "La duchessa di Leyra", che non riuscirà a portare a termine. Gli ultimi due romanzi del progetto, "L'onorevole Scipioni" e "L'uomo di lusso" non verranno mai iniziati. Nel 1893 Verga ritorna a vivere definitivamente a Catania e pubblica ancora opere che poco o nulla aggiungono alla sua arte. Lo scrittore si chiude così in un silenzio totale. Colpito da paralisi cerebrale muore il 27 gennaio del 1922.